Questa intensa poesia che sconfina nella preghiera, scritta dalla delicata
e sensibile poetessa Donata Dani (1913-1972)
è per me un bellissimo canto pasquale: Cristo risorto continua a fissarci negli occhi, a prenderci con tenerezza
per mano, a perdonare, a guarire, a consolare.
Ma l'incontro con Lui sarà proprio
nel momento estremo della nostra esistenza. Allora, continua Donata, non saranno
paludi d'ombra a sommergermi, né acque profonde a travolgermi; in quell'istante,
infatti, ci sarà solo il Tuo volto, solo il Tuo incontro.
Nella morte Gesù è stato nostro fratello in modo radicale, condividendo il nostro patire,
la nostra solitudine, persino il silenzio di Dio.
Eppure anche in quell'abisso di morte non ha cessato di essere il Figlio di Dio,
eterno e vivente: è per questo che ha deposto nella nostra miseria di creature e nel
nostro male una scintilla di eternità e di infinito.
Ecco, allora, l'alba di Pasqua con la
Risurrezione, segno di quella vita trascendente che anche a noi sarà donata e che
ci permetterà di vedere quel volto divino, nella pienezza di luce che non conosce tramonto.