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"Esattamente nel Cenacolo! Per capire allora il significato dell’Eucaristia, noi dobbiamo entrare nel Cenacolo e scrutare tutti i gesti che Gesù ha compiuto nell’ultima sera trascorsa su questa terra.

Ed ecco la sorpresa: entrando nel Cenacolo, subito avvertiamo un clima drammatico, un clima di tradimento! Gesù, infatti, apertamente dice: «Uno di voi mi tradirà!». E, rivolto a Pietro, lo ammonisce: «Pietro, tu mi rinnegherai tre volte!». E agli altri apostoli annuncia con amara sofferenza: «Voi tutti fuggirete e mi lascerete solo!».

In questo clima noi tutti avremmo rovesciato la tavola dell’amicizia tradita e avremmo gridato senza mezzi termini: «Andate via, ingrati! Via da me, non meritate niente: siete gente spregevole che non voglio più né vedere né avvicinare!».

Ma Dio non agisce così.
Dio sfida il male con il bene,
Dio sfida la nostra cattiveria con la Sua bontà.
Dio affronta l’immensa potenza del peccato con l’onnipotenza dell’Amore: perché Dio è Amore!


E, pertanto, Gesù dona l’Eucaristia: essa è un dono immeritato, un dono di puro amore, un dono di assoluta bontà, un dono che nessuno potrà mai meritare. All’inizio della cena pasquale (la cena della Prima Messa), Giovanni offre una precisa chiave di lettura della vita del Signore e scrive:«Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i Suoi che erano nel mondo, li amò fino al segno estremo» (Gv 13,1).

Giovanni chiaramente afferma che la vita di Gesù è spiegabile solo alla luce dell’amore. Gesù, infatti, è venuto nel mondo per amore, ha parlato per amore, ha agito per amore, è vissuto per amore, è morto per amore… perché Egli è il figlio di Dio: e Dio è Amore!

Giovanni, subito dopo, racconta con evidente emozione un episodio nel quale appare in modo inequivocabile la vera onnipotenza di Dio: l’onnipotenza dell’amore! Dice l’Evangelista: «Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita» (Gv 13,2-4).

Il comportamento di Gesù è lontano da ogni logica umana. Egli sapeva che Giuda aveva deciso di tradirlo, sapeva che Pietro l’avrebbe rinnegato, sapeva che gli altri sarebbero tutti scappati e l’avrebbero lasciato solo e, pertanto, poteva sentirsi provocato e giustificato a gesti di legittimo sdegno: poteva chiudere i conti con quegli uomini ingrati (che, in verità, siamo tutti noi!) e invece… ecco il comportamento di Dio: si mette a lavare i piedi! Desidero sottolinearlo: in questo gesto Dio si manifesta, in questo gesto Dio rivela il suo modo di reagire, in questo gesto Dio rivela che la sua onnipotenza è l’amore! Noi che siamo così distanti da Dio, noi che siamo così diversi da Dio… facciamo fatica a seguire il racconto e ad immaginare Dio nella veste di un servo che lava i piedi: l’onnipotente, il creatore del cielo e della terra è infinitamente umile, è infinitamente mite, è infinitamente paziente… perché è infinito Amore.

Chi non prova brividi davanti a queste parole: «Versò dell’acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto?» (Gv 13,5).

Chi riesce ad immaginare che Dio si nasconda in questo gesto riservato esclusivamente agli schiavi? E, affinché lo stupore sia totale, è doveroso ricordare che Gesù ha lavato i piedi a tutti noi, perché i piedi degli apostoli sono rappresentativi dei piedi di ogni uomo: anche dei miei, anche dei tuoi! Ci pensate?! Per un ebreo il gesto della lavanda dei piedi era umiliante ed avvilente. Non dimentichiamo che, nel libro della Genesi, quando è raccontato l’incontro di Abramo con i tre misteriosi personaggi, egli per esprimere tutta la cordialità dell’ospitalità dice: «Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero» (Gen 18,4).

Abramo neppure lontanamente pensa… di lavare lui i piedi! Era un gesto impensabile… per un ebreo. A questo punto capisco la reazione di Pietro. Pietro prova sdegno, Pietro si rifiuta di accettare questo volto di Dio troppo umile e troppo buono; Pietro ha paura di stare dalla parte di un Dio che si comporta così, perché egli, ragionando alla maniera umana, pensa che un Dio così buono… finisca male: finisca davvero sulla Croce! E Pietro non vuole che accada! E reagisce: «No, non mi laverai i piedi in eterno!» (Gv 13,8), cioè: «Io così non ti accetto! Io così non ti seguo! Io ho un’altra idea di Dio!». Ma l’idea di Pietro era… un idolo! Cioè era un ‘dio’ che non c’è, era un ‘dio’ immaginato dagli uomini che attribuiscono a Dio il potere amplificato dei potenti di questo mondo: no, non è corretto questo modo di pensare Dio! E, allora, Gesù è costretto a dirgli: «Se non ti laverò (i piedi), non avrai parte con me (nel mio Regno)» (Gv 13,8). Cioè: «Pietro, Dio è così: io ti sto manifestando il Volto che tu non conoscevi e che non potevi conoscere: Pietro, se non credi in me, ti metti contro Dio e ti trovi all’opposto di Dio!». Pietro, pur non comprendendo pienamente quel che diceva, ebbe l’umiltà di esclamare: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo» (Gv 13,9)."

+ S.E.Mons. ANGELO COMASTRI - Vicario di Sua Santità per la Citta del Vaticano

(tratto dal libretto "SOLO PER AMORE" - Editrice Tau)
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